I rimedi per l’errata fatturazione elettronica

Nell’ambito dei rapporti commerciali tra soggetti passivi Iva, può verificarsi che l’acquirente riceva una fattura elettronica non dovuta o inesatta.
In tali casi occorre prestare attenzione alla condotta da assumere nel rispetto del dettato normativo di specifici obblighi ricadenti su entrambi i soggetti coinvolti.
Colui che riceve il documento errato è tenuto a segnalarlo all’emittente, affinché quest’ultimo possa attivarsi per la correzione attraverso la procedura di variazione, che se non effettuata obbliga il cessionario/committente a regolarizzare l’operazione emettendo un’autofattura che rettifichi le anomalie del documento emesso, entro il trentesimo giorno successivo a quello della sua registrazione, previo versamento della maggior imposta eventualmente dovuta.
Con l’avvento della fatturazione elettronica, tale adempimento è reso possibile attraverso la trasmissione al SDI di un documento integrativo con codice “TD20”, indicando i dati del fornitore nella sezione anagrafica del cedente e i propri dati nella sezione del cessionario, pertanto può riguardare sia dati identificativi delle parti, sia i dati propriamente riferibili all’operazione.
Tuttavia, il cessionario committente ha l’onere preventivo di invitare la controparte a rettificare ovvero annullare la fattura emettendo nota di variazione .
Nel quadro della FE, tale comunicazione diviene ancor più cruciale, vista l’impossibilità per il destinatario di rifiutare il file transitato sul SDI.
La norma n. 209/2020 si sofferma sulla particolare ipotesi in cui il cedente/prestatore non provveda a rettificare la fattura errata, enunciando, a seconda dei casi, la condotta raccomandabile al committente/cessionario tenuto conto dell’impianto normativo vigente.
Nel documento, si distinguono le seguenti ipotesi:
  • fattura relativa ad un’operazione inesistente;
  • fattura recante l’errata applicazione del regime impositivo;
  • fattura con errori che non incidono sul calcolo dell’imposta.
Se la fattura ha ad oggetto operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti il ricevente non registra la fattura e segnala l’anomalia così da consentire alla parte l’emissione della nota di credito a storno totale .
In ogni caso, il ricevente non è legittimato a detrarre l’imposta, data l’assenza del presupposto di è subordinato il diritto, inoltre l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti è una condotta rilevante di responsabilità penale tributaria.
Se invece la FE si riferisce ad operazione esistente recando l’errata applicazione del regime iva, il committente cessionario può annotare la fattura nei registri, l’errata applicazione dell’imposta può tradursi in un minore o maggiore addebito a titolo di rivalsa dell’Iva.
Nel caso di fattura con un’imposta inferiore, il ricevente è legittimato a registrare la fattura e a detrarre la relativa imposta, segnalando l’irregolarità al cedente/prestatore.
Il cessionario/committente non ricevendo nota di rettifica, deve, entro 30 giorni dalla registrazione contabile, regolarizzare l’operazione trasmettendo al SDI l’autofattura, versando la relativa differenza di imposta.
L’orientamento giurisprudenziale in questo caso esclude la responsabilità per mancato auto assolvimento dell’imposta, qualora la correzione attenga ad elementi sostanziali relativi alla qualificazione giuridico-fiscale della prestazione.
Nel caso in cui l’imposta applicata non sia dovuta (es. operazione esclusa o non imponibile) o sia determinata applicando un’aliquota maggiore, in punto di diritto, è fatta salva la detrazione.
Tuttavia, l’Associazione raccomanda di astenersi dal portare in detrazione l’Iva, onde evitare l’irrogazione della sanzione (compresa tra 250 e 10.000 euro). Anche in quest’ultimo caso, il soggetto passivo può attivarsi per richiedere l’emissione di una nota di variazione e, in caso di mancata adesione del fornitore, ricorrere alla procedura di autocorrezione sopra descritta.
In questo caso, contabilmente, la rettifica sarà trattata alla stregua della rilevazione di una nota di debito che riduce l’Iva e il debito verso il fornitore per l’ammontare addebitatogli erroneamente.
Nel terzo caso, relativo ad errori sui dati (es. dati anagrafici, descrizione del bene ecc.), la norma prevede che il ricevente possa registrare e detrarre la relativa imposta.
Anche in questa circostanza, il cessionario può richiedere la rettifica e la nuova
emissione del documento. In caso di mancata regolarizzazione da parte
di quest’ultimo, ha facoltà di emettere opportuna autofattura idonea a correggere i dati
incongruenti.
La trasmissione dell’autofattura in questo caso, non costituirebbe un obbligo, considerato che l’articolo 6, comma 8, lett. b) circoscrive l’obbligo ai casi di fatture “irregolari” che espongono un imponibile oppure un’imposta inferiore a quella correttamente dovuta.