Autore: Studio Carpanese

ASSUNZIONI AGEVOLATE DAL PRIMO GENNAIO 2021

AGEVOLAZIONE UNDER 35 (UNDER 30 DAL 2021

  • Assunzioni e trasformazioni a tempo indeterminato

  • Soggetti che non abbiano compiuto 30 anni e non siano stati occupati a tempo indeterminato

(apprendistato e lavoro intermittente a tempo indeterminato non sono ostativi)

  • Misura incentivo : esonero dal versamento del 50% dei complessivi contributi a carico datore per la durata di 36 mesi nella misura massima di 3000€ annui.

APPRENDISTATO PERCETTORE DI NASPI

  • Non ha limiti di età

  • Durata: trova applicazione per tutta la durata del periodo di formazione

  • Datori che hanno fino a 9 dipendenti il contributo si riduce:

– primi 12 mesi 1,5%

– dal 13° al 24° mese 3%

– dal 25° ritorna al 10%

  • Datori con più di 9 dipendenti il contributo si riduce:

Versano a loro carico un contributo pari al 10% che comprende sia il contributo pensionistico sia i contributi per le altre forme assicurative cui si aggiunge il contributo a carico dipendente.

LAVORATORI BENEFICIARI NASPI

  • Assunzioni a tempo pieno e indeterminato, anche trasformazione

  • Per ogni mese di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributi mensile pari al 20% dell’indennità mensile residua.

SGRAVI CONTRIBUTIVI PER L’ASSUNZIONE DI GIOVANI UNDER 36

Per i datori di lavoro privati che nel biennio 2021-2022 assumeranno giovani di età inferiore ai 36 anni, con contratto di lavoro a tempo indeterminato ovvero trasformeranno contratti a termine in rapporti a tempo indeterminato, è previsto un esonero contributivo del 100% per 36 mesi, nel limite massimo di importo di 6.000 euro annui, riparametrato e applicato su base mensile.

Requisiti:

  • il lavoratore non deve aver compiuto 36 anni di età;

  • il lavoratore non deve mai aver avuto un pregresso rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non sono ostativi i contratti intermittenti, i rapporti di apprendistato risolti prima della qualifica e i rapporti di lavoro domestico.

L’esonero spetta ai datori di lavoro che non abbiano proceduto nei 6 mesi precedenti l’assunzione, né procedano nei 9 mesi successivi alla stessa, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi, nei confronti di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica e nella stessa unità produttiva.

La violazione di questa regola comporta, per il datore di lavoro, la revoca dell’esonero contributivo ed il recupero del beneficio già fruito.

Si attende l’autorizzazione della Commissione Europea.

SGRAVIO CONTRIBUTIVO PER L’ASSUNZIONE DI DONNE

A favore dei datori di lavoro che assumono donne nel biennio 2021 – 2022, è riconosciuto un esonero contributivo pari al 100%, nel limite massimo di 6.000,00 euro annui.

Il beneficio è riconosciuto per le sole assunzioni mediante contratto a tempo indeterminato ovvero per le trasformazioni di un contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, nel limite massimo di 18 mesi dalla data di assunzione.

L’agevolazione è subordinata all’assunzione di donne che rientrino in una delle categorie:

  • donne di qualsiasi età, prive di impiego regolarmente da almeno 6 mesi e residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali;

  • donne di qualsiasi età, prive di impiego regolarmente da almeno 6 mesi, occupata in una professione o settore economico caratterizzati da una disparità occupazionale di genere;

  • donne di qualsiasi età, prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi. ovunque residenti.

Inoltre viene specificato che l’assunzione deve comportare un incremento occupazionale netto.

Si attende l’autorizzazione della Commissione Europea.

Per le donne assunte con contratto a termine, anche in regime di somministrazione, che presentano le caratteristiche di cui sopra indipendentemente dall’età, resta valida la riduzione contributiva dovuta a carico del datore nel limite del 50%.

Proroga dei contratti a termine: chiarimenti del Ministero

ll Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con risposta ad una Faq pubblicata il giorno 27 luglio sul proprio sito fornisce alcuni chiarimenti in merito all’applicazione della proroga obbligatoria per i contratti a tempo determinato, anche in somministrazione, e dei rapporti di apprendistato di 1° e 3° livello (quindi non si deve fare la proroga per quelli professionalizzanti di 2° livello), indipendentemete dalla volontà della parti di tutti i contratti a tempo determinato, escludendo solo quelli scaduti al 18/7/2020.

Il Ministero afferma che ricadono nella proroga della durata le seguenti tipologie:

  • I contratti di lavoro a termine, compresi quelli stagionali;

  • I contratti in somministrazione a tempo determinato, intendendosi il rapporto di lavoro che intercorre tra l’Agenzia per il lavoro e il lavoratore

  • I contratti di apprendistato, intendendosi quelli per il conseguimento di una qualifica e il diploma professionale e quelli di alta formazione e ricerca, di 1° e 3° limitatamente alla durata del periodo che precede la qualificazione.

La legge di conversione n 77 del Decreto Rilancio ha inserito un comma specifico in merito a questa tipologia di proroga ovvero il comma 1-bis all’art. 93 che prevede che il termine dei contratti a termine, anche in somministrazione, e dei rapporti di apprendistato è prorogato per una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa, prestata in forza dei medesimi contratti, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

La risposta del Ministero chiarisce anche che per periodo di sospensione” si intendono:

  • sia i periodi di fruizione di un ammortizzatore sociale Covid-19,

  • sia l’inattività del lavoratore in considerazione della sua sospensione dall’attività lavorativa in ragione delle misure di emergenza epidemiologica da Covid-19 (utilizzo di ferie).

In questi casi il datore di lavoro, entro cinque giorni dalla data di scadenza originaria, dovrà effettuare la comunicazione obbligatoria di proroga, andando a modificare il termine inizialmente previsto per un periodo equivalente a quello di sospensione dell’attività lavorativa.

I chiarimenti sono stati forniti in risposta ad un quesito che chiedeva come dovesse essere interpretato il riferimento normativo ai contratti a termine previsto nel Decreto Rilancio divenuto Legge.

Bonus Pos 2020

Dal mese di luglio, i titolari di partita IVA possono richiedere il Bonus Pos. Si tratta di un credito d’imposta spettante sulle commissioni per i pagamenti in forma elettronica, tramite carte di credito, di debito e strumenti simili. In altre parole, è un bonus fiscale calcolato sulle commissioni applicate dalle banche o da altri operatori finanziari riconosciuto sotto forma di credito d’imposta.
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Come funziona il Bonus Pos 2020?
Il Bonus Pos è un credito d’imposta introdotto dal Decreto Fiscale 2020 (legge 157/2019). Il bonus è pari al 30% delle commissioni applicate sulle transazioni effettuate tramite l’utilizzo di carte di credito o di debito e prepagate.
Il credito d’imposta sarà utilizzabile solo in compensazione a partire dal mese successivo a quello di sostenimento delle spese.
L’obiettivo del Bonus fiscale 2020 è quello di incentivare l’utilizzo della moneta elettronica al fine di avere maggiore controllo sulle transazioni effettuate. Trattasi di un’ulteriore misura anti-evasione, che si aggiunge al limite di utilizzo del contante rivisto sempre a partire dal primo luglio 2020.
A chi spetta?
Possono usufruire del bonus fiscale del 30% solo i professionisti e le imprese che nell’anno precedente hanno registrato ricavi o compensi fino a 400.000 euro. Il bonus spetta a prescindere dal regime di contabilità o dal tipo di attività svolta.
Il credito d’imposta è calcolato applicando la percentuale del 30% alle commissioni bancarie addebitate per le transazioni effettuate con privati consumatori mediante strumenti di pagamento tracciabili.
Il provvedimento Agenzia delle Entrate del 29 aprile 2020 ha definito le modalità per la comunicazione dei dati delle commissioni applicate, registrate a decorrere da luglio 2020, su cui calcolare il credito d’imposta spettante all’esercente.
Come richiedere il Bonus Pos 2020?
Il credito d’imposta del 30% sulle spese sostenute per le transazioni elettroniche si può utilizzare esclusivamente in compensazione a partire dal mese successivo a quello in cui la spesa è stata addebitata. E’ necessario indicare il credito di imposta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui è maturato e in quelle dei periodi d’imposta successivi, fino a quello in cui è stato utilizzato in compensazione.
I beneficiari del Bonus Pos sono tenuti conservare la documentazione relativa alle commissioni addebitate dalla banca per le transazione eseguite con strumenti di pagamento elettronici per 10 anni.
Tale documentazione dovrà essere messa a disposizione degli organi dell’amministrazione finanziaria in caso di richiesta da parte di quest’ultimi.
Bonus Pos: la comunicazione delle banche
Un ruolo importante è svolto dagli operatori finanziari. Le banche, infatti, sono tenute a trasmettere all’Agenzia delle Entrate tutte le informazioni necessarie per verificare se il Bonus Pos spetti o meno.
Con il provvedimento del 29 aprile 2020, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha definito i termini, le modalità e il contenuto delle comunicazioni da trasmettere telematicamente dagli operatori dei sistemi di pagamento elettronici tracciabili.
I dati da comunicare sono i seguenti:
  • il codice fiscale dell’esercente
  • il mese e l’anno dell’avvenuto addebito
  • il numero complessivo delle transazioni di pagamento effettuate nel periodo di riferimento
  • il numero totale delle operazioni di pagamento tracciabili effettuate da consumatori finali sempre in relazione al periodo di riferimento
  • l’importo delle commissioni addebitate per le operazioni di pagamento riconducibili ai consumatori finali
  • l’ammontare dei costi fissi periodici che ricomprendono un numero variabile di operazioni in franchigia anche se includono il canone per la fornitura del servizio di accettazione
Le sanzioni per chi non permette i pagamenti tramite Pos
Tranquilli, buone notizie. Un emendamento al decreto fiscale prevedeva sanzioni per professionisti e imprese che non accettavano pagamenti con Pos. Tuttavia, in fase di conversione del decreto fiscale, è stato eliminato l’emendamento che prevedeva una doppia multa, ovvero la sanzione di 30 euro, a cui aggiungere il 4% della transizione rifiutata.
Pertanto, non sono previste sanzioni per i titolari di partita IVA che non consentono al consumatore di utilizzare il pagamento POS.

I rimedi per l’errata fatturazione elettronica

Nell’ambito dei rapporti commerciali tra soggetti passivi Iva, può verificarsi che l’acquirente riceva una fattura elettronica non dovuta o inesatta.
In tali casi occorre prestare attenzione alla condotta da assumere nel rispetto del dettato normativo di specifici obblighi ricadenti su entrambi i soggetti coinvolti.
Colui che riceve il documento errato è tenuto a segnalarlo all’emittente, affinché quest’ultimo possa attivarsi per la correzione attraverso la procedura di variazione, che se non effettuata obbliga il cessionario/committente a regolarizzare l’operazione emettendo un’autofattura che rettifichi le anomalie del documento emesso, entro il trentesimo giorno successivo a quello della sua registrazione, previo versamento della maggior imposta eventualmente dovuta.
Con l’avvento della fatturazione elettronica, tale adempimento è reso possibile attraverso la trasmissione al SDI di un documento integrativo con codice “TD20”, indicando i dati del fornitore nella sezione anagrafica del cedente e i propri dati nella sezione del cessionario, pertanto può riguardare sia dati identificativi delle parti, sia i dati propriamente riferibili all’operazione.
Tuttavia, il cessionario committente ha l’onere preventivo di invitare la controparte a rettificare ovvero annullare la fattura emettendo nota di variazione .
Nel quadro della FE, tale comunicazione diviene ancor più cruciale, vista l’impossibilità per il destinatario di rifiutare il file transitato sul SDI.
La norma n. 209/2020 si sofferma sulla particolare ipotesi in cui il cedente/prestatore non provveda a rettificare la fattura errata, enunciando, a seconda dei casi, la condotta raccomandabile al committente/cessionario tenuto conto dell’impianto normativo vigente.
Nel documento, si distinguono le seguenti ipotesi:
  • fattura relativa ad un’operazione inesistente;
  • fattura recante l’errata applicazione del regime impositivo;
  • fattura con errori che non incidono sul calcolo dell’imposta.
Se la fattura ha ad oggetto operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti il ricevente non registra la fattura e segnala l’anomalia così da consentire alla parte l’emissione della nota di credito a storno totale .
In ogni caso, il ricevente non è legittimato a detrarre l’imposta, data l’assenza del presupposto di è subordinato il diritto, inoltre l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti è una condotta rilevante di responsabilità penale tributaria.
Se invece la FE si riferisce ad operazione esistente recando l’errata applicazione del regime iva, il committente cessionario può annotare la fattura nei registri, l’errata applicazione dell’imposta può tradursi in un minore o maggiore addebito a titolo di rivalsa dell’Iva.
Nel caso di fattura con un’imposta inferiore, il ricevente è legittimato a registrare la fattura e a detrarre la relativa imposta, segnalando l’irregolarità al cedente/prestatore.
Il cessionario/committente non ricevendo nota di rettifica, deve, entro 30 giorni dalla registrazione contabile, regolarizzare l’operazione trasmettendo al SDI l’autofattura, versando la relativa differenza di imposta.
L’orientamento giurisprudenziale in questo caso esclude la responsabilità per mancato auto assolvimento dell’imposta, qualora la correzione attenga ad elementi sostanziali relativi alla qualificazione giuridico-fiscale della prestazione.
Nel caso in cui l’imposta applicata non sia dovuta (es. operazione esclusa o non imponibile) o sia determinata applicando un’aliquota maggiore, in punto di diritto, è fatta salva la detrazione.
Tuttavia, l’Associazione raccomanda di astenersi dal portare in detrazione l’Iva, onde evitare l’irrogazione della sanzione (compresa tra 250 e 10.000 euro). Anche in quest’ultimo caso, il soggetto passivo può attivarsi per richiedere l’emissione di una nota di variazione e, in caso di mancata adesione del fornitore, ricorrere alla procedura di autocorrezione sopra descritta.
In questo caso, contabilmente, la rettifica sarà trattata alla stregua della rilevazione di una nota di debito che riduce l’Iva e il debito verso il fornitore per l’ammontare addebitatogli erroneamente.
Nel terzo caso, relativo ad errori sui dati (es. dati anagrafici, descrizione del bene ecc.), la norma prevede che il ricevente possa registrare e detrarre la relativa imposta.
Anche in questa circostanza, il cessionario può richiedere la rettifica e la nuova
emissione del documento. In caso di mancata regolarizzazione da parte
di quest’ultimo, ha facoltà di emettere opportuna autofattura idonea a correggere i dati
incongruenti.
La trasmissione dell’autofattura in questo caso, non costituirebbe un obbligo, considerato che l’articolo 6, comma 8, lett. b) circoscrive l’obbligo ai casi di fatture “irregolari” che espongono un imponibile oppure un’imposta inferiore a quella correttamente dovuta.

Addio al Bonus Renzi, in arrivo il Bonus 100 euro

Bonus 100 euro: premessa
Come noto, il Decreto Legge n. 3 del 5 febbraio 2020 ha previsto un cambiamento per quanto riguarda l’erogazione del cd. “Bonus Renzi”, con un’estensione non solo dell’importo ma anche della platea dei beneficiari. In poche parole il Bonus 80 euro cessa di esistere, e al suo posto interviene un nuovo bonus, con un importo fino a 100 euro mensili.
Con l’arrivo del mese di luglio è divenuto quindi operativo il nuovo meccanismo di corresponsione del bonus in busta paga, con un nuovo cuneo fiscale di 100 euro anziché 80.
(Per approfondire…”Bonus 80 euro e bonus 100 euro in busta paga: le novità previste dal Decreto Rilancio” di Celeste Vivenzi)
Bonus 100 euro: come funziona
Le disposizioni di cui al D.L. n. 3/2020 hanno effetto a partire dal 1° luglio 2020 e comportano l’eliminazione delle norme per la corresponsione del Bonus Renzi, e l’introduzione di un nuovo meccanismo di abbattimento del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti, che prevede un credito IRPEF di 100 euro mensili per tutti i contribuenti percettori di redditi da lavoro dipendente e assimilati che percepiscono un reddito imponibile IRPEF annuo compreso tra un minimo di 8.174,00 euro e un massimo di 28.000,00 euro.
Oltre tale soglia, il bonus spettante segue un meccanismo di décalage, ossia di riduzione inversamente proporzionale all’aumentare del reddito, fino ad azzerarsi raggiunta la soglia di 40.000,00 euro.
Quanto spetta per fascia di reddito
Ricapitolando:
  • redditi fino a 8.174,00: bonus non spettante;
  • per redditi compresi tra 8.174,00 e 28.000,00: 100 euro di bonus;
  • redditi compresi tra 28.000,00 e 35.000,00: il bonus spettante è compreso tra 100 e 80 euro (diminuisce all’avvicinarsi del reddito alla soglia più alta);
  • redditi compresi tra 35.000,00 e 40.000,00: il bonus spettante è compreso tra 80 e 0 euro (diminuisce all’avvicinarsi del reddito alla soglia massima);
  • oltre i 40.000,00 euro: bonus non spettante.
 
Bonus 100 euro: gli effetti sulle buste paga
Come detto, il precedente Bonus viene portato alla soglia di 100 euro, ed esteso (gli 80 euro prima riguardavano i soggetti con un reddito annuo fino a 24.800,00 euro per poi seguire un meccanismo di décalage fino ai 26.600,00 euro).
Con l’arrivo del nuovo Bonus Irpef portato a 100 euro, ci sarà una certa fascia di lavoratori dipendenti che vedrà limitatamente l’effetto della novità: infatti, chi finora ha percepito il bonus 80 euro (fino quindi a 24.800 euro), vedrà incrementare la propria busta paga di ulteriori 20 euro mensili.
Gli effetti saranno più sostanziosi per i soggetti con un reddito superiore a 24.800 euro, i quali – se prima percepivano una somma via via inferiore fino ai 26.600,00 euro – ora vedranno in busta paga una somma piena di 100 euro.
Chi ha un reddito compreso tra 26.600 euro e 28.000,00 euro sicuramente vedrà il cambiamento più vistoso, in quanto se prima non riceveva affatto il bonus, ora riceverà ben 100 euro in più in busta paga a titolo di bonus.
A partire dai 28.000,00 euro e fino ai 40.000,00 euro, chi prima non riceveva nulla, vedrà un aumento in busta paga, che si avvicinerà a zero man mano che il reddito si avvicinerà alla soglia di 40.000,00 euro mensili.
 
Chi deve restituirlo
Come per il Bonus Renzi, il taglio del cuneo fiscale comporta la corresponsione mensile sulla base di quanto si prevede di guadagnare nel corso dell’anno.
A conguaglio però, ci sono specifiche casistiche nelle quali ci si potrebbe trovare a dover restituire l’importo del credito Irpef erogato con la busta paga.
I casi sono due:
  • reddito annuo inferiore a 8.174,00 euro. Un esempio può essere quello di un soggetto che, dimettendosi dal lavoro e non percependo ulteriori redditi per il resto dell’anno arrivi ad una soglia di redditi percepiti pari a 7.300,00 euro: in tal caso il Bonus Irpef percepito dovrà essere interamente restituito;
  • reddito annuo superiore a 40.000,00 euro. Un esempio può essere quello di un soggetto che guadagna 34.000,00 euro ma che riceve in corso d’anno una promozione con un aumento di livello, che fa salire il suo reddito annuo oltre la soglia massima stabilita per la percezione del bonus: anche in questa circostanza, il soggetto dovrà restituire l’importo percepito.
Il doppio conguaglio per i sostituti d’imposta
Come noto, il Bonus Renzi è erogato mensilmente ma riguarda l’intero anno. Al suo posto, a partire dalla mensilità di luglio 2020, debutta il nuovo Bonus, il cui importo – per i redditi fino a 28.000,00 euro – è fissato in 100 euro mensili, per un importo totale da percepire nel 2020 pari a 600 euro.
In conseguenza di ciò i sostituti d’imposta a fine anno si troveranno a dover effettuare per il medesimo anno fiscale un doppio conguaglio al fine di verificare la spettanza sia del Bonus Renzi che del nuovo Bonus a titolo di abbattimento del cuneo fiscale.

 

Cosa stabilisce il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate sul Bonus Affitto?

Da lunedì 13 luglio 2020 sarà possibile inviare per via telematica la comunicazione all’Agenzia delle Entrate circa la cessione del credito d’imposta relativo al Bonus Affitto del Decreto Rilancio.
A seguito del provvedimento n. 250739/2020 del 1° luglio sottoscritto dall’Agenzia delle Entrate, sono state delineate regole relative alla cessione del credito maturato in merito al bonus botteghe previsto dal Decreto Cura Italia e il Bonus Affitti disciplinato dal Decreto Rilancio.
A oggi, la comunicazione puo essere inoltrata esclusivamente e in modo diretto dai contribuenti. Si attende, infatti, un secondo provvedimento sottoscritto dall’Amministrazione Finanziaria, per stabilire in che modo possano intervenire gli intermediari abilitati nel processo di invio della comunicazione.
I contribuenti che hanno maturato i crediti d’imposta hanno la possibilità di optare per la cessione dei suddetti crediti a soggetti terzi.
NOTA BENE: la cessione può essere anche parziale.
ATTENZIONE: tra i soggetti terzi sono comprese anche le banche e i diversi intermediari finanziari.
La comunicazione deve essere inviata direttamente all’Agenzia delle Entrate per via telematica dal 13 luglio al 31 dicembre 2020.
Cosa comunicare nel modulo del Bonus Affitto Decreto Rilancio 2020

Il modulo predisposto dall’Agenzia dell’Entrate deve essere compilato e inoltrato per via telematica direttamente dal contribuente interessato. Nella domanda occorre inserire una serie precisa di dati e informazioni.

NOTA BENE: in assenza di uno o più dati richiesti, la domanda non sarà ammessa, né presa in esame.

  • CODICE FISCALE del soggetto cedente e che ha maturato il credito d’imposta
  • NATURA DEL CREDITO D’IMPOSTA CEDUTO
  • AMMONTARE DEL CREDITO D’IMPOSTA maturato
  • IMPORTO DEL CREDITO D’IMPOSTA CEDUTO
  • TIPOLOGIA DI CONTRATTO a cui si fa riferimento
  • ESTREMI DI REGISTRAZIONE DEL CONTRATTO relativo alla maturazione del credito d’imposta
  • CODICE FISCALE DEL/I CESSIONARI, precisando l’esatto importo ceduto a ciascuno dei soggetti indicati
  • DATA DELLA CESSIONE DEL CREDITO
Che cosa è e come funziona il Bonus Affitti 2020?
Il Bonus affitto 2020 è stato introdotto dal decreto Rilancio e riguarda i mesi di emergenza Covid-19: marzo, aprile e maggio.
L’agenzia delle Entrate, con una circalare ha fatto sapere che sono da intendersi beneficiari del bonus affitto tutti i soggetti esercenti attività di impresa, arte o professione. Si tratta di un credito d’imposta pari al 60% del canone di locazione previsto per i 3 mesi sopra citati e relativo ad immobili adibiti a uso non abitativo e quindi atti allo svolgimento di attività commerciali, industriali, agricole, artigianali, turistiche o esercizio abituale e professionali di lavoro autonomo.
Quali sono i requisiti richiesti?
Per poter beneficiare del bonus affitto 2020 occorre avere avuto compensi i ricavi inferiori a 5 milioni di euro nel corso del 2019, e l’aver subito una riduzione del fatturato o dei corrispettivi nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020 di almeno il 50% rispetto allo stesso periodo d’imposta precedente.
Come funziona?
I crediti d’imposta ceduti possono essere usati in compensazione dal giorno lavorativo successivo all’invio della comunicazione della cessione mediante il modello F24 attraverso l’area riservata dell’Agenzia delle Entrate.

I contribuenti possono scegliere di procedere con un’altra cessione del credito entro e non oltre il 31 dicembre 2020.

ATTENZIONE: tutti i crediti d’imposta devono essere utilizzati, tramite cessione o in compensazione, entro e non oltre il 31 dicembre 2020

Quali saranno i controlli effettuati dall’Agenzia delle Entrate?
Sarà compito dell’ Agenzia delle Entrate eseguire dei controlli specifici sul diritto di spettanza dei crediti. A rispondere di un eventuale uso dei crediti d’imposta in modo irregolare o in quantità maggiore rispetto a quanto ricevuto saranno i soggetti cessionari. In caso di assenza di requisiti richiesti, invece, sarà il beneficiario originario a dover rispondere e diventare soggerro di recupero del credito stesso.
Oggetto di verifica dell’Agenzia delle Entrate, saranno:
  • presupposti e requisiti del beneficiario originario nel rispetto delle condizioni previste dalla Legge per beneficiare dell’agevolazione
  • l’esatto ammontare del credito calcolato
  • il corretto utilizzo del credito d’imposta

Limiti ai contanti: dal 1º luglio è possibile fino a 1999,99 euro

Cambia ancora il limite contanti. Infatti, a decorrere dal 1° luglio i pagamenti in contanti sono possibili fino a 1999,99 euro.
Il limite per l’utilizzo del denaro contante ha subito nel corso del tempo diverse modifiche dai vari Governi che si sono succeduti. In particolare, il limite contanti a 3.000 euro, in vigore fino al 30 giugno, era stato fissato dal Governo Renzi con la Legge di Stabilità. Per il 2020, la relativa Legge di Stabilità ha rettificato ulteriormente il limite contanti a 2000 euro.
In seguito a quest’ultima modifica, dal primo luglio 2020 si possono eseguire pagamenti in contanti fino all’importo di 1999,99 euro. Per pagamenti di importo pari o superiore ai 2000 euro è invece obbligatorio l’utilizzo di mezzi di pagamento tracciabili come assegni, bonifici bancari o monete elettroniche. Tale limite, tuttavia, resterà in vigore fino al 31 dicembre 2021. Dopo di che, dal primo gennaio 2022 il limite scenderà ancora a 999,99 euro. Tale soglia era già stata fissata in passato dal Governo Monti.
Le ragioni dei limiti all’utilizzo del contante
Le motivazioni dell’introduzione di un limite pagamento contanti è motivato da molteplici esigenze.
  • In primo luogo sicuramente la lotta all’evasione fiscale. Infatti, il denaro contante come mezzo di pagamento consente di non assoggettare le operazioni ai controlli dell’amministrazione finanziaria. Proprio per questi controlli l’introduzione dell’obbligo, per importi superiori al limite contante, di utilizzare strumenti di pagamento tracciabili.
  • Ulteriore motivazione, anch’essa di un certo rilievo sociale, è data dalla lotta al lavoro nero e di qui il divieto di pagare gli stipendi in denaro.
  • La terza ragione riguarda la lotta al riciclaggio di denaro sporco e il finanziamento al terrorismo.

Limiti ai contanti: come funziona per prestiti e donazioni

Anche i prestiti e le donazioni sono assoggettate alle limitazioni di utilizzo di un metodo di pagamento tracciabile quando di importo superiore al tetto massimo stabilito dalla normativa. Tipico esempio è quello del genitore che decide di aiutare economicamente un figlio attraverso un prestito o una donazione di denaro.
Donazione o prestito superiori al tetto limite di 2000 euro, dal primo luglio possono essere effettuati con mezzi di pagamento tracciabili come assegni o bonifici bancari o postali. In questo modo, l’amministrazione finanziaria riesce a verificare le motivazioni per le quali cifre importanti di denaro contante vengono trasferite da un soggetto a un altro.
 Il limite contanti nei pagamenti frazionati
ATTENZIONE: il limite dei 2000 euro non deve essere superato anche quando l’importo è rateizzato. Il Fisco, infatti, effettua controlli anche quando il pagamento in contanti viene suddiviso in tre o quattro tranche e l’importo totale della transazione supera il tetto dei 2.000 euro.
ESEMPIO
Professionista che emette fattura per una prestazione professionale di 4000 euro. Il limite dei 2000 euro non è aggirabile attraverso la suddivisione in 4 rate di 1000 euro.
Esistono però delle eccezioni al divieto di frazionabilità dell’operazione. Le principali sono:
  • la prima riguarda quei casi in cui, per prassi, si applica il pagamento dilazionato dell’importo complessivo. Tipico è il caso dell’impresa edile che si fa rilasciare degli acconti in base allo stato di avanzamento dei lavori
  • la seconda, invece, ha a che fare con quei casi in cui le parti si accordano per il pagamento rateale dell’importo complessivo, come accade quando si acquista un’auto nuova o un elettrodomestico

Sanzioni per le violazioni al limite dei contanti

Sono stati modificati anche gli importi delle sanzioni per i trasgressori del nuovo limite imposto. Le sanzioni partono da un minimo di 3.000 euro a un massimo di 50.000 euro. In particolare, per chi viola le disposizioni sul limite dei contanti fino alla soglia limite di 250.000 euro è soggetto alla sanzione minima di 2.000 euro e massima di 5000 euro.
Più salate, invece, le sanzioni per i professionisti soggetti all’antiriciclaggio. Infatti, per quest’ultimi se non segnalano le operazioni oltre la soglia fissata per l’utilizzo del contanti, quando l’importo non supera la soglia dei 250.000 euro, la sanzione applicabile varia dai 3.000 ai 15.000 euro.

Circolare delle Entrate per il Bonus vacanze

Con la circolare 18/E/2020, l’Agenzia delle entrate si è soffermata sul bonus vacanze, fornendo alcuni chiarimenti.
Importante ricordare che il bonus vacanze può essere utilizzato per i servizi offerti, in ambito nazionale, da parte delle imprese turistiche e ricettive, nonché dei bed & breakfast. Per poter correttamente individuare le strutture presso le quali risulta possibile beneficiare del bonus, l’Agenzia delle entrate ha fornito, nella circolare, un elenco (esemplificativo e non esaustivo) di codici Ateco che assumono rilievo. Ad ogni buon conto, viene chiarito che non è possibile beneficiare del bonus vacanze nel caso in cui l’attività alberghiera non sia esercitata abitualmente, e produca soltanto redditi diversi di cui all’articolo 67 Tuir.
Nella circolare vengono inoltre richiamate le condizioni che consentono di beneficiare del bonus vacanze. Si ricorda, a tal proposito che;
  • l’importo del bonus riconosciuto sotto forma di sconto deve essere utilizzato in unica soluzione in relazione ai servizi resi da un singolo fornitore del servizio. Questo significa quindi che, se, ad esempio, per il pagamento di un servizio turistico, viene pagata una fattura di acconto e una di saldo, il bonus vacanze può essere utilizzato esclusivamente in relazione a uno dei due pagamenti. Eventuali servizi accessori devono essere indicati nella fattura dell’unico fornitore per poter essere ammessi al bonus. Si pensi al caso del contribuente che intende soggiornare presso una struttura alberghiera, sostenendo anche dei costi per i servizi balneari offerti da un’altra struttura: in questo caso il costo dei servizi balneari può rientrare nel bonus vacanze soltanto se indicato nella fattura della struttura alberghiera, mentre sono esclusi se sono fatturati direttamente al cliente dal fornitore che offre i suddetti servizi balneari;
  • il totale del corrispettivo deve essere documentato da “fattura elettronica o documento commerciale” e la fattura o il documento devono riportare il codice fiscale del soggetto richiedente il credito. Nonostante la norma faccia rifermento alle fatture elettroniche, con la circolare in esame viene chiarito che si ritiene valida anche l’emissione della fattura da parte dei contribuenti non soggetti all’obbligo di fatturazione elettronica, come, ad esempio, i contribuenti forfettari;
  • il pagamento del servizio deve essere corrisposto senza l’ausilio, l’intervento o l’intermediazione di soggetti che gestiscono piattaforme o portali telematici diversi da agenzie di viaggio e tour operator.
E’ dunque possibile beneficare dell’agevolazione, la quale, come noto, consiste in un credito fruibile, sotto forma di sconto per il pagamento del soggiorno, in misura pari all’80% dell’importo massimo spettante, e, per la restante quota del 20%, sotto forma di detrazione dall’imposta lorda, in sede di dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2020.
Si ricorda infine che, il contribuente ha diritto alla detrazione del 20% del credito spettante anche nel caso in cui il fornitore del servizio non intenda riconoscere lo sconto in fattura: al ricorrere di questa fattispecie, tuttavia, è sempre necessario che la fattura elettronica (o documento commerciale, scontrino/ricevuta fiscale) emessa dal fornitore sia intestata al soggetto che intende fruire della detrazione.

NOVITÀ DAL 01/07/2020

AUTO AZIENDALI

Dal 1° luglio 2020 cambierà il calcolo del fringe benefit auto aziendali sia ad uso privato che promiscuo, dovuto al fatto che cambieranno le percentuali di emissione di anidride carbonica.

La percorrenza per uso privato sale:

  • fino a 60 g/km la quota scende al 25%;
  • tra 61 e 160 restano al 30% aliquota unica presente finora;
  • al 40% di 15mila km se le emissioni di CO2 dell’auto sono comprese tra 161 g/km e 190 g/km;
  • oltre i 190 g/km si sale al 50%.

Questo nuovo conteggio del fringe benefit prevede la penalizzazione del datore del lavoro in caso di uso intensivo del mezzo da parte del lavoratore, pertanto risulterebbe più conveniente propendere per far utilizzare l’auto personale e rimborsare le spese di trasferta.

Tutti i contratti di auto aziendali stipulati entro il 30 giugno 2020 continuano a beneficiare della vecchia normativa.

NOVITA’ BONUS RENZI

Dal 1° luglio 2020 il Bonus Renzi lascerà il posto ad un trattamento integrativo mensile che va rapportato all’effettivo periodo di lavoro ed è pari a 100 euro.

Detto bonus spetta ai titolari di redditi di lavoro dipendente e assimilati che nell’anno di erogazione registrino un reddito complessivo non superiore ai 28.000 mila euro.

I cambiamenti riguardano l’importo e l’estensione anche a categorie di reddito più elevate rispetto all’attuale normativa che poneva il limite a 24.000 con riduzioni per redditi tra i 24.000 e i 26.000.

Così come negli anni precedenti, il Bonus spetta anche ai lavoratori che percepiscono indennità di sostegno del reddito, e cioè cassa integrazione, indennità di mobilità e disoccupazione Naspi, lavoratori in malattia e in congedo di maternità obbligatorio.

La platea di interessati include anche i lavoratori diventati incapienti a causa dell’epidemia COVID-19.

Nello specifico, a decorrere dal 1° luglio 2020:

  • chi ha un reddito complessivo tra 8.174 euro e 26.600 euro, avrà il Bonus Renzi 80 euro aumentato a 100 euro al mese;

  • chi ha un reddito tra i 26.000 e i 28.000 euro avrà 100 euro al mese effettivi (è la platea di beneficiari che prima non percepiva il bonus);

  • per i redditi a partire da 28.000 euro, si introduce invece una detrazione fiscale equivalente che decresce fino ad arrivare a 40 mila euro.

Il trattamento integrativo dovrà essere riconosciuto in via automatica dai sostituti d’imposta che dovranno ripartirlo dalle retribuzioni di luglio; successivamente, in sede di conguaglio di fine anno, i sostituti dovranno verificare l’effettiva spettanza dei benefici, procedendo al recupero dei confronti dei lavoratori, di quanto impropriamente riconosciuto.

ASSEGNI FAMILIARI

Si ricorda che con la nuova modalità di richiesta degli assegni familiari entrata in vigore ad aprile 2019, dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2021 va presentata la domanda direttamente all’INPS tramite la modalità telematica.

I lavoratori potranno inviare richiesta tramite una di queste modalità:

  • sito ufficiale INPS: il sevizio online sarà accessibile tramite il PIN INPS dispositivo;
  • patronati o intermediari dell’Istituto.

    Stessa procedura telematica vale anche per per l’aggiornamento annuale dell’importo dell’assegno per l’annualità 2020/2020,

DIVIETO DI LICENZIAMENTO

Il decreto Cura Italia ha introdotto il divieto di licenziamenti collettivi ed individuali per giustificato motivo oggettivo con decorrenza dal 17 marzo per un periodo di 60 giorni, quindi con scadenza 17 maggio. Successivamente il decreto Rilancio ha modificato il periodo suddetto estendendo il divieto dei licenziamenti collettivi e per GMO per un totale di 5 mesi: quindi la scadenza è stata prorogata al 17 agosto.

Padova, 30/06/2020