Categoria: Ambito fiscale

Bonus Pos 2020

Dal mese di luglio, i titolari di partita IVA possono richiedere il Bonus Pos. Si tratta di un credito d’imposta spettante sulle commissioni per i pagamenti in forma elettronica, tramite carte di credito, di debito e strumenti simili. In altre parole, è un bonus fiscale calcolato sulle commissioni applicate dalle banche o da altri operatori finanziari riconosciuto sotto forma di credito d’imposta.
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Come funziona il Bonus Pos 2020?
Il Bonus Pos è un credito d’imposta introdotto dal Decreto Fiscale 2020 (legge 157/2019). Il bonus è pari al 30% delle commissioni applicate sulle transazioni effettuate tramite l’utilizzo di carte di credito o di debito e prepagate.
Il credito d’imposta sarà utilizzabile solo in compensazione a partire dal mese successivo a quello di sostenimento delle spese.
L’obiettivo del Bonus fiscale 2020 è quello di incentivare l’utilizzo della moneta elettronica al fine di avere maggiore controllo sulle transazioni effettuate. Trattasi di un’ulteriore misura anti-evasione, che si aggiunge al limite di utilizzo del contante rivisto sempre a partire dal primo luglio 2020.
A chi spetta?
Possono usufruire del bonus fiscale del 30% solo i professionisti e le imprese che nell’anno precedente hanno registrato ricavi o compensi fino a 400.000 euro. Il bonus spetta a prescindere dal regime di contabilità o dal tipo di attività svolta.
Il credito d’imposta è calcolato applicando la percentuale del 30% alle commissioni bancarie addebitate per le transazioni effettuate con privati consumatori mediante strumenti di pagamento tracciabili.
Il provvedimento Agenzia delle Entrate del 29 aprile 2020 ha definito le modalità per la comunicazione dei dati delle commissioni applicate, registrate a decorrere da luglio 2020, su cui calcolare il credito d’imposta spettante all’esercente.
Come richiedere il Bonus Pos 2020?
Il credito d’imposta del 30% sulle spese sostenute per le transazioni elettroniche si può utilizzare esclusivamente in compensazione a partire dal mese successivo a quello in cui la spesa è stata addebitata. E’ necessario indicare il credito di imposta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui è maturato e in quelle dei periodi d’imposta successivi, fino a quello in cui è stato utilizzato in compensazione.
I beneficiari del Bonus Pos sono tenuti conservare la documentazione relativa alle commissioni addebitate dalla banca per le transazione eseguite con strumenti di pagamento elettronici per 10 anni.
Tale documentazione dovrà essere messa a disposizione degli organi dell’amministrazione finanziaria in caso di richiesta da parte di quest’ultimi.
Bonus Pos: la comunicazione delle banche
Un ruolo importante è svolto dagli operatori finanziari. Le banche, infatti, sono tenute a trasmettere all’Agenzia delle Entrate tutte le informazioni necessarie per verificare se il Bonus Pos spetti o meno.
Con il provvedimento del 29 aprile 2020, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha definito i termini, le modalità e il contenuto delle comunicazioni da trasmettere telematicamente dagli operatori dei sistemi di pagamento elettronici tracciabili.
I dati da comunicare sono i seguenti:
  • il codice fiscale dell’esercente
  • il mese e l’anno dell’avvenuto addebito
  • il numero complessivo delle transazioni di pagamento effettuate nel periodo di riferimento
  • il numero totale delle operazioni di pagamento tracciabili effettuate da consumatori finali sempre in relazione al periodo di riferimento
  • l’importo delle commissioni addebitate per le operazioni di pagamento riconducibili ai consumatori finali
  • l’ammontare dei costi fissi periodici che ricomprendono un numero variabile di operazioni in franchigia anche se includono il canone per la fornitura del servizio di accettazione
Le sanzioni per chi non permette i pagamenti tramite Pos
Tranquilli, buone notizie. Un emendamento al decreto fiscale prevedeva sanzioni per professionisti e imprese che non accettavano pagamenti con Pos. Tuttavia, in fase di conversione del decreto fiscale, è stato eliminato l’emendamento che prevedeva una doppia multa, ovvero la sanzione di 30 euro, a cui aggiungere il 4% della transizione rifiutata.
Pertanto, non sono previste sanzioni per i titolari di partita IVA che non consentono al consumatore di utilizzare il pagamento POS.

I rimedi per l’errata fatturazione elettronica

Nell’ambito dei rapporti commerciali tra soggetti passivi Iva, può verificarsi che l’acquirente riceva una fattura elettronica non dovuta o inesatta.
In tali casi occorre prestare attenzione alla condotta da assumere nel rispetto del dettato normativo di specifici obblighi ricadenti su entrambi i soggetti coinvolti.
Colui che riceve il documento errato è tenuto a segnalarlo all’emittente, affinché quest’ultimo possa attivarsi per la correzione attraverso la procedura di variazione, che se non effettuata obbliga il cessionario/committente a regolarizzare l’operazione emettendo un’autofattura che rettifichi le anomalie del documento emesso, entro il trentesimo giorno successivo a quello della sua registrazione, previo versamento della maggior imposta eventualmente dovuta.
Con l’avvento della fatturazione elettronica, tale adempimento è reso possibile attraverso la trasmissione al SDI di un documento integrativo con codice “TD20”, indicando i dati del fornitore nella sezione anagrafica del cedente e i propri dati nella sezione del cessionario, pertanto può riguardare sia dati identificativi delle parti, sia i dati propriamente riferibili all’operazione.
Tuttavia, il cessionario committente ha l’onere preventivo di invitare la controparte a rettificare ovvero annullare la fattura emettendo nota di variazione .
Nel quadro della FE, tale comunicazione diviene ancor più cruciale, vista l’impossibilità per il destinatario di rifiutare il file transitato sul SDI.
La norma n. 209/2020 si sofferma sulla particolare ipotesi in cui il cedente/prestatore non provveda a rettificare la fattura errata, enunciando, a seconda dei casi, la condotta raccomandabile al committente/cessionario tenuto conto dell’impianto normativo vigente.
Nel documento, si distinguono le seguenti ipotesi:
  • fattura relativa ad un’operazione inesistente;
  • fattura recante l’errata applicazione del regime impositivo;
  • fattura con errori che non incidono sul calcolo dell’imposta.
Se la fattura ha ad oggetto operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti il ricevente non registra la fattura e segnala l’anomalia così da consentire alla parte l’emissione della nota di credito a storno totale .
In ogni caso, il ricevente non è legittimato a detrarre l’imposta, data l’assenza del presupposto di è subordinato il diritto, inoltre l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti è una condotta rilevante di responsabilità penale tributaria.
Se invece la FE si riferisce ad operazione esistente recando l’errata applicazione del regime iva, il committente cessionario può annotare la fattura nei registri, l’errata applicazione dell’imposta può tradursi in un minore o maggiore addebito a titolo di rivalsa dell’Iva.
Nel caso di fattura con un’imposta inferiore, il ricevente è legittimato a registrare la fattura e a detrarre la relativa imposta, segnalando l’irregolarità al cedente/prestatore.
Il cessionario/committente non ricevendo nota di rettifica, deve, entro 30 giorni dalla registrazione contabile, regolarizzare l’operazione trasmettendo al SDI l’autofattura, versando la relativa differenza di imposta.
L’orientamento giurisprudenziale in questo caso esclude la responsabilità per mancato auto assolvimento dell’imposta, qualora la correzione attenga ad elementi sostanziali relativi alla qualificazione giuridico-fiscale della prestazione.
Nel caso in cui l’imposta applicata non sia dovuta (es. operazione esclusa o non imponibile) o sia determinata applicando un’aliquota maggiore, in punto di diritto, è fatta salva la detrazione.
Tuttavia, l’Associazione raccomanda di astenersi dal portare in detrazione l’Iva, onde evitare l’irrogazione della sanzione (compresa tra 250 e 10.000 euro). Anche in quest’ultimo caso, il soggetto passivo può attivarsi per richiedere l’emissione di una nota di variazione e, in caso di mancata adesione del fornitore, ricorrere alla procedura di autocorrezione sopra descritta.
In questo caso, contabilmente, la rettifica sarà trattata alla stregua della rilevazione di una nota di debito che riduce l’Iva e il debito verso il fornitore per l’ammontare addebitatogli erroneamente.
Nel terzo caso, relativo ad errori sui dati (es. dati anagrafici, descrizione del bene ecc.), la norma prevede che il ricevente possa registrare e detrarre la relativa imposta.
Anche in questa circostanza, il cessionario può richiedere la rettifica e la nuova
emissione del documento. In caso di mancata regolarizzazione da parte
di quest’ultimo, ha facoltà di emettere opportuna autofattura idonea a correggere i dati
incongruenti.
La trasmissione dell’autofattura in questo caso, non costituirebbe un obbligo, considerato che l’articolo 6, comma 8, lett. b) circoscrive l’obbligo ai casi di fatture “irregolari” che espongono un imponibile oppure un’imposta inferiore a quella correttamente dovuta.

Addio al Bonus Renzi, in arrivo il Bonus 100 euro

Bonus 100 euro: premessa
Come noto, il Decreto Legge n. 3 del 5 febbraio 2020 ha previsto un cambiamento per quanto riguarda l’erogazione del cd. “Bonus Renzi”, con un’estensione non solo dell’importo ma anche della platea dei beneficiari. In poche parole il Bonus 80 euro cessa di esistere, e al suo posto interviene un nuovo bonus, con un importo fino a 100 euro mensili.
Con l’arrivo del mese di luglio è divenuto quindi operativo il nuovo meccanismo di corresponsione del bonus in busta paga, con un nuovo cuneo fiscale di 100 euro anziché 80.
(Per approfondire…”Bonus 80 euro e bonus 100 euro in busta paga: le novità previste dal Decreto Rilancio” di Celeste Vivenzi)
Bonus 100 euro: come funziona
Le disposizioni di cui al D.L. n. 3/2020 hanno effetto a partire dal 1° luglio 2020 e comportano l’eliminazione delle norme per la corresponsione del Bonus Renzi, e l’introduzione di un nuovo meccanismo di abbattimento del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti, che prevede un credito IRPEF di 100 euro mensili per tutti i contribuenti percettori di redditi da lavoro dipendente e assimilati che percepiscono un reddito imponibile IRPEF annuo compreso tra un minimo di 8.174,00 euro e un massimo di 28.000,00 euro.
Oltre tale soglia, il bonus spettante segue un meccanismo di décalage, ossia di riduzione inversamente proporzionale all’aumentare del reddito, fino ad azzerarsi raggiunta la soglia di 40.000,00 euro.
Quanto spetta per fascia di reddito
Ricapitolando:
  • redditi fino a 8.174,00: bonus non spettante;
  • per redditi compresi tra 8.174,00 e 28.000,00: 100 euro di bonus;
  • redditi compresi tra 28.000,00 e 35.000,00: il bonus spettante è compreso tra 100 e 80 euro (diminuisce all’avvicinarsi del reddito alla soglia più alta);
  • redditi compresi tra 35.000,00 e 40.000,00: il bonus spettante è compreso tra 80 e 0 euro (diminuisce all’avvicinarsi del reddito alla soglia massima);
  • oltre i 40.000,00 euro: bonus non spettante.
 
Bonus 100 euro: gli effetti sulle buste paga
Come detto, il precedente Bonus viene portato alla soglia di 100 euro, ed esteso (gli 80 euro prima riguardavano i soggetti con un reddito annuo fino a 24.800,00 euro per poi seguire un meccanismo di décalage fino ai 26.600,00 euro).
Con l’arrivo del nuovo Bonus Irpef portato a 100 euro, ci sarà una certa fascia di lavoratori dipendenti che vedrà limitatamente l’effetto della novità: infatti, chi finora ha percepito il bonus 80 euro (fino quindi a 24.800 euro), vedrà incrementare la propria busta paga di ulteriori 20 euro mensili.
Gli effetti saranno più sostanziosi per i soggetti con un reddito superiore a 24.800 euro, i quali – se prima percepivano una somma via via inferiore fino ai 26.600,00 euro – ora vedranno in busta paga una somma piena di 100 euro.
Chi ha un reddito compreso tra 26.600 euro e 28.000,00 euro sicuramente vedrà il cambiamento più vistoso, in quanto se prima non riceveva affatto il bonus, ora riceverà ben 100 euro in più in busta paga a titolo di bonus.
A partire dai 28.000,00 euro e fino ai 40.000,00 euro, chi prima non riceveva nulla, vedrà un aumento in busta paga, che si avvicinerà a zero man mano che il reddito si avvicinerà alla soglia di 40.000,00 euro mensili.
 
Chi deve restituirlo
Come per il Bonus Renzi, il taglio del cuneo fiscale comporta la corresponsione mensile sulla base di quanto si prevede di guadagnare nel corso dell’anno.
A conguaglio però, ci sono specifiche casistiche nelle quali ci si potrebbe trovare a dover restituire l’importo del credito Irpef erogato con la busta paga.
I casi sono due:
  • reddito annuo inferiore a 8.174,00 euro. Un esempio può essere quello di un soggetto che, dimettendosi dal lavoro e non percependo ulteriori redditi per il resto dell’anno arrivi ad una soglia di redditi percepiti pari a 7.300,00 euro: in tal caso il Bonus Irpef percepito dovrà essere interamente restituito;
  • reddito annuo superiore a 40.000,00 euro. Un esempio può essere quello di un soggetto che guadagna 34.000,00 euro ma che riceve in corso d’anno una promozione con un aumento di livello, che fa salire il suo reddito annuo oltre la soglia massima stabilita per la percezione del bonus: anche in questa circostanza, il soggetto dovrà restituire l’importo percepito.
Il doppio conguaglio per i sostituti d’imposta
Come noto, il Bonus Renzi è erogato mensilmente ma riguarda l’intero anno. Al suo posto, a partire dalla mensilità di luglio 2020, debutta il nuovo Bonus, il cui importo – per i redditi fino a 28.000,00 euro – è fissato in 100 euro mensili, per un importo totale da percepire nel 2020 pari a 600 euro.
In conseguenza di ciò i sostituti d’imposta a fine anno si troveranno a dover effettuare per il medesimo anno fiscale un doppio conguaglio al fine di verificare la spettanza sia del Bonus Renzi che del nuovo Bonus a titolo di abbattimento del cuneo fiscale.

 

Cosa stabilisce il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate sul Bonus Affitto?

Da lunedì 13 luglio 2020 sarà possibile inviare per via telematica la comunicazione all’Agenzia delle Entrate circa la cessione del credito d’imposta relativo al Bonus Affitto del Decreto Rilancio.
A seguito del provvedimento n. 250739/2020 del 1° luglio sottoscritto dall’Agenzia delle Entrate, sono state delineate regole relative alla cessione del credito maturato in merito al bonus botteghe previsto dal Decreto Cura Italia e il Bonus Affitti disciplinato dal Decreto Rilancio.
A oggi, la comunicazione puo essere inoltrata esclusivamente e in modo diretto dai contribuenti. Si attende, infatti, un secondo provvedimento sottoscritto dall’Amministrazione Finanziaria, per stabilire in che modo possano intervenire gli intermediari abilitati nel processo di invio della comunicazione.
I contribuenti che hanno maturato i crediti d’imposta hanno la possibilità di optare per la cessione dei suddetti crediti a soggetti terzi.
NOTA BENE: la cessione può essere anche parziale.
ATTENZIONE: tra i soggetti terzi sono comprese anche le banche e i diversi intermediari finanziari.
La comunicazione deve essere inviata direttamente all’Agenzia delle Entrate per via telematica dal 13 luglio al 31 dicembre 2020.
Cosa comunicare nel modulo del Bonus Affitto Decreto Rilancio 2020

Il modulo predisposto dall’Agenzia dell’Entrate deve essere compilato e inoltrato per via telematica direttamente dal contribuente interessato. Nella domanda occorre inserire una serie precisa di dati e informazioni.

NOTA BENE: in assenza di uno o più dati richiesti, la domanda non sarà ammessa, né presa in esame.

  • CODICE FISCALE del soggetto cedente e che ha maturato il credito d’imposta
  • NATURA DEL CREDITO D’IMPOSTA CEDUTO
  • AMMONTARE DEL CREDITO D’IMPOSTA maturato
  • IMPORTO DEL CREDITO D’IMPOSTA CEDUTO
  • TIPOLOGIA DI CONTRATTO a cui si fa riferimento
  • ESTREMI DI REGISTRAZIONE DEL CONTRATTO relativo alla maturazione del credito d’imposta
  • CODICE FISCALE DEL/I CESSIONARI, precisando l’esatto importo ceduto a ciascuno dei soggetti indicati
  • DATA DELLA CESSIONE DEL CREDITO
Che cosa è e come funziona il Bonus Affitti 2020?
Il Bonus affitto 2020 è stato introdotto dal decreto Rilancio e riguarda i mesi di emergenza Covid-19: marzo, aprile e maggio.
L’agenzia delle Entrate, con una circalare ha fatto sapere che sono da intendersi beneficiari del bonus affitto tutti i soggetti esercenti attività di impresa, arte o professione. Si tratta di un credito d’imposta pari al 60% del canone di locazione previsto per i 3 mesi sopra citati e relativo ad immobili adibiti a uso non abitativo e quindi atti allo svolgimento di attività commerciali, industriali, agricole, artigianali, turistiche o esercizio abituale e professionali di lavoro autonomo.
Quali sono i requisiti richiesti?
Per poter beneficiare del bonus affitto 2020 occorre avere avuto compensi i ricavi inferiori a 5 milioni di euro nel corso del 2019, e l’aver subito una riduzione del fatturato o dei corrispettivi nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020 di almeno il 50% rispetto allo stesso periodo d’imposta precedente.
Come funziona?
I crediti d’imposta ceduti possono essere usati in compensazione dal giorno lavorativo successivo all’invio della comunicazione della cessione mediante il modello F24 attraverso l’area riservata dell’Agenzia delle Entrate.

I contribuenti possono scegliere di procedere con un’altra cessione del credito entro e non oltre il 31 dicembre 2020.

ATTENZIONE: tutti i crediti d’imposta devono essere utilizzati, tramite cessione o in compensazione, entro e non oltre il 31 dicembre 2020

Quali saranno i controlli effettuati dall’Agenzia delle Entrate?
Sarà compito dell’ Agenzia delle Entrate eseguire dei controlli specifici sul diritto di spettanza dei crediti. A rispondere di un eventuale uso dei crediti d’imposta in modo irregolare o in quantità maggiore rispetto a quanto ricevuto saranno i soggetti cessionari. In caso di assenza di requisiti richiesti, invece, sarà il beneficiario originario a dover rispondere e diventare soggerro di recupero del credito stesso.
Oggetto di verifica dell’Agenzia delle Entrate, saranno:
  • presupposti e requisiti del beneficiario originario nel rispetto delle condizioni previste dalla Legge per beneficiare dell’agevolazione
  • l’esatto ammontare del credito calcolato
  • il corretto utilizzo del credito d’imposta

Limiti ai contanti: dal 1º luglio è possibile fino a 1999,99 euro

Cambia ancora il limite contanti. Infatti, a decorrere dal 1° luglio i pagamenti in contanti sono possibili fino a 1999,99 euro.
Il limite per l’utilizzo del denaro contante ha subito nel corso del tempo diverse modifiche dai vari Governi che si sono succeduti. In particolare, il limite contanti a 3.000 euro, in vigore fino al 30 giugno, era stato fissato dal Governo Renzi con la Legge di Stabilità. Per il 2020, la relativa Legge di Stabilità ha rettificato ulteriormente il limite contanti a 2000 euro.
In seguito a quest’ultima modifica, dal primo luglio 2020 si possono eseguire pagamenti in contanti fino all’importo di 1999,99 euro. Per pagamenti di importo pari o superiore ai 2000 euro è invece obbligatorio l’utilizzo di mezzi di pagamento tracciabili come assegni, bonifici bancari o monete elettroniche. Tale limite, tuttavia, resterà in vigore fino al 31 dicembre 2021. Dopo di che, dal primo gennaio 2022 il limite scenderà ancora a 999,99 euro. Tale soglia era già stata fissata in passato dal Governo Monti.
Le ragioni dei limiti all’utilizzo del contante
Le motivazioni dell’introduzione di un limite pagamento contanti è motivato da molteplici esigenze.
  • In primo luogo sicuramente la lotta all’evasione fiscale. Infatti, il denaro contante come mezzo di pagamento consente di non assoggettare le operazioni ai controlli dell’amministrazione finanziaria. Proprio per questi controlli l’introduzione dell’obbligo, per importi superiori al limite contante, di utilizzare strumenti di pagamento tracciabili.
  • Ulteriore motivazione, anch’essa di un certo rilievo sociale, è data dalla lotta al lavoro nero e di qui il divieto di pagare gli stipendi in denaro.
  • La terza ragione riguarda la lotta al riciclaggio di denaro sporco e il finanziamento al terrorismo.

Limiti ai contanti: come funziona per prestiti e donazioni

Anche i prestiti e le donazioni sono assoggettate alle limitazioni di utilizzo di un metodo di pagamento tracciabile quando di importo superiore al tetto massimo stabilito dalla normativa. Tipico esempio è quello del genitore che decide di aiutare economicamente un figlio attraverso un prestito o una donazione di denaro.
Donazione o prestito superiori al tetto limite di 2000 euro, dal primo luglio possono essere effettuati con mezzi di pagamento tracciabili come assegni o bonifici bancari o postali. In questo modo, l’amministrazione finanziaria riesce a verificare le motivazioni per le quali cifre importanti di denaro contante vengono trasferite da un soggetto a un altro.
 Il limite contanti nei pagamenti frazionati
ATTENZIONE: il limite dei 2000 euro non deve essere superato anche quando l’importo è rateizzato. Il Fisco, infatti, effettua controlli anche quando il pagamento in contanti viene suddiviso in tre o quattro tranche e l’importo totale della transazione supera il tetto dei 2.000 euro.
ESEMPIO
Professionista che emette fattura per una prestazione professionale di 4000 euro. Il limite dei 2000 euro non è aggirabile attraverso la suddivisione in 4 rate di 1000 euro.
Esistono però delle eccezioni al divieto di frazionabilità dell’operazione. Le principali sono:
  • la prima riguarda quei casi in cui, per prassi, si applica il pagamento dilazionato dell’importo complessivo. Tipico è il caso dell’impresa edile che si fa rilasciare degli acconti in base allo stato di avanzamento dei lavori
  • la seconda, invece, ha a che fare con quei casi in cui le parti si accordano per il pagamento rateale dell’importo complessivo, come accade quando si acquista un’auto nuova o un elettrodomestico

Sanzioni per le violazioni al limite dei contanti

Sono stati modificati anche gli importi delle sanzioni per i trasgressori del nuovo limite imposto. Le sanzioni partono da un minimo di 3.000 euro a un massimo di 50.000 euro. In particolare, per chi viola le disposizioni sul limite dei contanti fino alla soglia limite di 250.000 euro è soggetto alla sanzione minima di 2.000 euro e massima di 5000 euro.
Più salate, invece, le sanzioni per i professionisti soggetti all’antiriciclaggio. Infatti, per quest’ultimi se non segnalano le operazioni oltre la soglia fissata per l’utilizzo del contanti, quando l’importo non supera la soglia dei 250.000 euro, la sanzione applicabile varia dai 3.000 ai 15.000 euro.

Circolare delle Entrate per il Bonus vacanze

Con la circolare 18/E/2020, l’Agenzia delle entrate si è soffermata sul bonus vacanze, fornendo alcuni chiarimenti.
Importante ricordare che il bonus vacanze può essere utilizzato per i servizi offerti, in ambito nazionale, da parte delle imprese turistiche e ricettive, nonché dei bed & breakfast. Per poter correttamente individuare le strutture presso le quali risulta possibile beneficiare del bonus, l’Agenzia delle entrate ha fornito, nella circolare, un elenco (esemplificativo e non esaustivo) di codici Ateco che assumono rilievo. Ad ogni buon conto, viene chiarito che non è possibile beneficiare del bonus vacanze nel caso in cui l’attività alberghiera non sia esercitata abitualmente, e produca soltanto redditi diversi di cui all’articolo 67 Tuir.
Nella circolare vengono inoltre richiamate le condizioni che consentono di beneficiare del bonus vacanze. Si ricorda, a tal proposito che;
  • l’importo del bonus riconosciuto sotto forma di sconto deve essere utilizzato in unica soluzione in relazione ai servizi resi da un singolo fornitore del servizio. Questo significa quindi che, se, ad esempio, per il pagamento di un servizio turistico, viene pagata una fattura di acconto e una di saldo, il bonus vacanze può essere utilizzato esclusivamente in relazione a uno dei due pagamenti. Eventuali servizi accessori devono essere indicati nella fattura dell’unico fornitore per poter essere ammessi al bonus. Si pensi al caso del contribuente che intende soggiornare presso una struttura alberghiera, sostenendo anche dei costi per i servizi balneari offerti da un’altra struttura: in questo caso il costo dei servizi balneari può rientrare nel bonus vacanze soltanto se indicato nella fattura della struttura alberghiera, mentre sono esclusi se sono fatturati direttamente al cliente dal fornitore che offre i suddetti servizi balneari;
  • il totale del corrispettivo deve essere documentato da “fattura elettronica o documento commerciale” e la fattura o il documento devono riportare il codice fiscale del soggetto richiedente il credito. Nonostante la norma faccia rifermento alle fatture elettroniche, con la circolare in esame viene chiarito che si ritiene valida anche l’emissione della fattura da parte dei contribuenti non soggetti all’obbligo di fatturazione elettronica, come, ad esempio, i contribuenti forfettari;
  • il pagamento del servizio deve essere corrisposto senza l’ausilio, l’intervento o l’intermediazione di soggetti che gestiscono piattaforme o portali telematici diversi da agenzie di viaggio e tour operator.
E’ dunque possibile beneficare dell’agevolazione, la quale, come noto, consiste in un credito fruibile, sotto forma di sconto per il pagamento del soggiorno, in misura pari all’80% dell’importo massimo spettante, e, per la restante quota del 20%, sotto forma di detrazione dall’imposta lorda, in sede di dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2020.
Si ricorda infine che, il contribuente ha diritto alla detrazione del 20% del credito spettante anche nel caso in cui il fornitore del servizio non intenda riconoscere lo sconto in fattura: al ricorrere di questa fattispecie, tuttavia, è sempre necessario che la fattura elettronica (o documento commerciale, scontrino/ricevuta fiscale) emessa dal fornitore sia intestata al soggetto che intende fruire della detrazione.

Dai valore al tuo Tempo

La gestione del tempo è una risorsa importantissima perché è una risorsa limitata. In senso lato, ovviamente sia nella vita lavorativa sia nella sfera privata, qui affronteremo il tema in ambito lavorativo.

Dato il punto di partenza certo, dobbiamo quindi cercare di organizzarlo in maniera efficiente ovvero “senza sprechi”.

Invece di dire “non ho mai tempo” cominciamo ad organizzarlo in modo preciso e soprattutto rispettarlo.

Abituiamoci ad organizzare l’agenda dando priorità alle cose urgenti e necessarie e poi via via quelle urgenti e non necessarie. Fissiamo delle scadenze per tutte le cose che dobbiamo fare e rispettiamole.

Definiamo il tempo per noi: in cui non vogliamo essere disturbati da nessuno ne clienti ne dipendenti.

Organizziamo le uscite presso clienti e fornitori, arriviamo puntuali, dando noi l’esempio. Viceversa se non dovesse succedere sentiamoci legittimati di doverne fissare un altro in futuro. Quante volte ci è capitato che il cliente o il fornitore sovra pensiero sbaglia il giorno o l‘orario dell’appuntamento.

Programmiamo le telefonate, la stesura di preventivi e tutte quelle attività che non possono essere delegate agli altri. Al contrario le attività delegabili consegnamole e spieghiamole attraverso procedure già testate e comprovate. Dipende poi dalla nostra realtà aziendale sapere se ci dobbiamo ritagliare tempo per controllare l’operato dei lavori delegati.

 

Le attività che richiedono un’attività celebrale maggiore portiamole a termine alla mattina preferibilmente, in quanto le energie che abbiamo a disposizione sono maggiori.

Impariamo ad organizzare bene il nostro tempo primariamente e poi quello dei nostri dipendenti-collaboratori.

 

Se non riconosciamo a noi stessi il valore delle attività che facciamo sia per il tempo che dedichiamo ad un lavoro, indipendentemente dal suo grado di complessità e difficoltà, non lo riconosceranno nemmeno gli altri.

 

Usiamo il nostro tempo in modo creativo, le ore lavorative al giorno sono moltissime. Facciamo pause ripetute per scaricare il cervello che lavora spesso su di giri. Possiamo, ad esempio, scrivere una lettera a mano,perchè no con una stilografica, e spedirla con il timbro in cera lacca. Fare una pausa nel giardino o in terrazzo, fumando una sigaretta e curando qualche vaso di fiori.

Alla fine di una giornata stressante scaricare la tensione nella nostra palestra o in sauna. Non è una realtà troppo remota, succede già.

Di rientro da una trasferta fermarsi a mangiare qualcosa tutti insieme, molto importante è l’aggregazione tra l’imprenditore e la sua squadra per creare un team grintoso.

Ritagliamoci del tempo per contattare i nostri clienti e fornitori per sapere se sono soddisfatti del rapporto professionale instaurato, altrimenti facciamo in modo di appianare le divergenze e le incomprensioni createsi.

Siamo proprietari di un negozio di ottica, chiamiamo saltuariamente i clienti per un check-up sui suoi acquisti.

Forniamo servizi elettrici, proponiamoci di fare un controllo a campione degli impianti installati.

Proponiamoci di ritagliare del tempo per limitare lo stress, ad esempio con le tecniche sempre più conosciute di training autogeno, yoga e pilates.

Buon valore a tutti!

CONTATTI

Facebook: Elena Carpanese – Commercialista e Revisore contabile

Linkedin: Elena carpanese

Lo stress

Il momento che stiamo vivendo è molto delicato e allo stesso tempo complesso per le molteplici problematiche che hanno stravolto la nostra vita quotidiana nel giro di pochissimo tempo.

Le principali emozioni negative che stiamo vivendo si possono riassumere principalmente in ansia, paura, angoscia e rabbia.

Lo stress è collegato direttamente alla paura e alla rabbia: se aumentano quest’ultime aumenta anche lo stress.

Questo viene definito come “ogni causa capace di esercitare ogni stimolo dannoso” e può quindi essere inteso come la sensazione di riuscire o meno a rispondere alle richieste esterne che riceviamo da parte di chiunque.

Lo stress nasce da una situazione di difficoltà in cui reagiamo rapidamente per cercare di risolverla. La pressione sale, il battito cardiaco aumenta e si produce l’adrenalina che fa sì che tutto il corpo ed il cervello siano pronti a lottare o a darsi alla fuga. Lo stress fa sì che nelle condizioni più varie in cui ci troviamo siamo in grado di fornire le prestazioni migliori. Quando però il corpo si trova in una continua situazione di allerta si cominciano ad avvertire le conseguenze.

Cosa poter fare quindi in questo periodo per limitare lo stress?

Innanzitutto dobbiamo distinguere due tipi di stress, quello costruttivo e quello distruttivo: in ogni caso l’obiettivo è abbassare la pressione ed il battito cardiaco ed aumentare la calma ed il buon umore.

Stress significa motivazione, creatività ed energia e diventa un nemico quando persiste costantemente troppo a lungo.

Un primo passo è aumentare la consapevolezza emozionale ovvero imparando a conoscere le nostre emozioni e gestirle per poter arrivare al benessere inteso come benessere della persona in senso lato quindi fisico, mentale e psicologico.

Per imparare a conoscere le proprie emozioni dobbiamo etichettarle, passare quindi da uno stato emotivo ad uno riflessivo. Studi effettuati hanno riscontrato che i partecipanti al test che attribuivano una etichetta alle emozioni vissute avevano un’attività ridotta della amigdala, ghiandola a forma di mandorla che misura lo stress.

In questo periodo caratterizzato per la maggior parte da uno stravolgimento della gestione del nostro tempo e quindi di un aumento del tempo personale a disposizione la cosa fondamentale che possiamo fare è tenerci occupati e non preoccuparci. Va da sè che essere informati sulle criticità e le evoluzioni del momento pandemico è importante però è altrettanto fondamentale utilizzare al meglio il tempo cha abbiamo a nostra diposizione. Come? Facendo cose che solitamente nella frenesia del quotidiano non riusciamo a portare a termine o sono molto rallentate.

Cominciamo quindi a dare valore al nostro tempo, non sprechiamolo ed ottimizziamolo per approfondire tematiche di nostro interesse ma anche utilizziamolo per farci conoscere e far sapere di cosa ci occupiamo in ambito lavorativo.

Portiamo ora l’attenzione sulla resilienza. E’ definita come “la capacità di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà” quindi calza a pennello rispetto al momento pandemico attuale.

Chi si rialza deve senza dubbio saper reagire bene alle frustrazioni e saperle elaborare. Contribuiscono ad aiutare anche l’intelligenza e la capacita di entrare in relazione con gli altri perchè rendono più facile a chi possiede doti di resistenza trovare vie d’uscita dalle crisi e costruirsi una rete di persone in grado di dare loro sostegno nelle situazioni più difficili.

Inoltre aiuta anche a non essere troppo attaccati alle proprie abitudini ed essere aperti ai cambiamenti nella propria vita.

L’autoconsapevolezza nominata precedentemente è un presupposto molto importante per la resilienza, per affrontare una sfida c’è bisogno anche di coraggio e fiducia in sè stessi.

La resilienza viene definita anche “io ho, io sono, io posso”: io ho persone che mi hanno a cuore e mi aiutano, io sono una persona gradevole e rispettosa nei confronti di me stesso e degli altri, io posso trovare delle strade per risolvere i problemi e gestire me stesso.

Di seguito si propone un test che misura: quanto sono resiliente?

Assegnate a ciascuna affermazione un punteggio da 1 a 7, tanto più alto è, tanto più descrive meglio voi stessi.

1 = non mi riconosco in questa affermazione

7 = mi riconosco appieno in questa affermazione

  1. Quando ho dei programmi, li seguo.
  2. Normalmente riesco sempre a fare tutto.
  3. Non mi lascio facilmente distogliere dalla mia strada.
  4. Mi piaccio.
  5. Posso affrontare contemporaneamente più cose.
  6. Sono deciso.
  7. Prendo le cose come vengono.
  8. Provo interesse per molte cose.
  9. Normalmente posso affrontare una situazione da più punti di vista.
  10. Posso anche persuadermi a fare cose che preferirei non fare.
  11. Quando mi trovo in una situazione difficile, di solito trovo una via d’uscita.
  12. Ho abbastanza energie per fare tutto quello che devo fare.
  13. Posso accettare di non piacere a tutti.

 

Sommate il punteggio: otterrete un punteggio tra 13 e 91

Comunicatemelo alla mail elena.studiocarpanese@gmail.com che vi espongo il risultato privatamente.

 

Fotografare senza paura il nostro punto di partenza vuol dire essere già partiti. Il periodo di pandemia non sarà poi così breve quindi buona resilienza a tutti!

Vi aspetto numerosi.

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Le relazioni interne, un’ importante risorsa.

Le reti di relazioni che si creano all’interno dell’azienda sono molto importanti e meritano delle riflessioni e spunti per giungere ad un miglioramento qualitativo tangibile delle stesse.

Le relazioni le dobbiamo considerare sia come comunicazione di contenuti in ambito prettamente lavorativo ma anche in senso lato rispetto alla conoscenza della persona, ovvero i tratti caratteriali, pregi e difetti.

Evidenziamo le più importanti relazioni possibili, ma non le uniche verificabili:

  • Le relazioni tra l’imprenditore ed i suoi dipendenti e collaboratori
  • Le relazioni tra i dipendenti

Le relazioni tra l’imprenditore ed i suoi dipendenti e collaboratori

Il rapporto che l’imprenditore dovrebbe tessere nel tempo, con chi lo aiuta a mantenere in vita la propria azienda, dovrebbe essere un rapporto di leadership, non di comando e di potere, quindi non gerarchico. Ovviamente in questa sede generalizziamo e le difficoltà per riuscire ad attuare tale tipo di rapporto dipendono da molti fattori, tra cui anche il numero di persone che lavorano e collaborano internamente all’azienda. Va da sè che maggiore è il numero di persone che lavorano in azienda, maggiore sarà sia la complessità sia il numero di relazioni possibili, quindi prevalentemente incontrollabili e ingestibili.

Il leader sprona al raggiungimento degli obiettivi, deve essere coinvolgente e si colloca allo stesso livello gerarchico della persona con cui si relaziona.

Si pone come una guida e deve permettere ai dipendenti/collaboratori di potersi esprimere e sentirsi liberi nel farlo per migliorare ed affrontare insieme criticità, ad esempio, di reparto. Solitamente, infatti, l’imprenditore non è a conoscenza di ciò che succede in tutti i reparti aziendali. L’imprenditore quindi non deve considerare i suoi sottoposti come meri esecutori di lavori ma deve renderli partecipi della situazione aziendale in modo costante e completo. Per ottemperare a tale scopo le riunioni aziendali risultano essere uno strumento di confronto molto utile.

Studi, tramite l’analisi di campioni di persone in azienda, hanno provato che:

  • ai dipendenti dovrebbero essere erogati “bonus lavoro” prima che comincino a svolgerlo, non dopo, perchè è molto più stimolante per il raggiungimento degli obiettivi;
  • ai dipendenti dovrebbe essere sempre concessa una “pausa caffè”, in cui ad esempio, poter stare anche nella natura e poter ridere. La risata valorizza molto di più la qualità del momento di stacco dalla propria scrivania o dal comando macchine: si riduce maggiormente lo stress accumulato;
  • ai dipendenti deve essere concesso il tempo di pensare in azienda. Altrimenti si è sempre solo operativi e fattivi nello svolgere mansioni e compiti, invece pensare, porta ad una maggiore efficienza a dispetto di una apparente perdita di tempo improduttiva.

Le relazioni tra i dipendenti

Le relazioni tra i dipendenti riguardano l’aspetto quotidiano, si lavora mediamente per un terzo della giornata.

In questa sede non analizzeremo tali relazioni nel dettaglio, piuttosto evidenziamo cosa può, potrebbe o dovrebbe fare l’imprenditore per migliorare i rapporti tra colleghi.

Per migliorare i rapporti tra dipendenti, ad esempio, bisognerebbe creare e favorire i momenti ludici.

Non è escluso, anche se talvolta esoso, poter organizzare serate aziendali non solo in occasione della “cena di Natale” ma organizzare magari un fine settimana insieme sulla neve e perchè no, anche con le rispettive famiglie.

Cambiando il contesto sociale avremmo quindi la possibilità di conoscere aspetti caratteriali delle altre persone che in una pausa caffè non potrebbero di sicuro esplicitarsi. Una maggior conoscenza tra colleghi, magari anche extra lavorativa, porterebbe senza dubbio benefici anche in ambito lavorativo.

Concludendo possiamo sostenere che un ambiente sereno dove non ci sono invidie, preferenze, ripicche e/o favoritismi è sicuramente l’ambiente lavorativo ideale, cerchiamo quindi di renderlo tale.

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